M. Minardi - Abstract
Le vicende
che determinarono il singolare scarso interesse per la pittura del Trecento
nella storiografia urbinate del XIX secolo sono diverse: la maggiore attenzione
conferita ai momenti dell’arte rinascimentale, l’isolamento della città dalle
rotte percorse da critici e studiosi, la scomparsa di molte opere di età
tardo-medievale, ma anche altri fattori, come la difficoltà o l’impossibilità
di attribuire gli affreschi e i dipinti su tavola superstiti a personalità
dall’identità certa.
Questo
contributo esamina i modi e le tendenze della parziale ‘riscoperta’ dei dipinti
primitivi conservati nella città di Urbino e in alcuni centri del Montefeltro,
focalizzando i canali privilegiati del fenomeno, quali l’importanza della
devozione delle immagini sacre, elemento che ne decretò l’attenzione o la
semplice menzione da parte di esponenti dell’erudizione e della critica
municipale. Vengono quindi discusse le più approfondite modalità di approccio
alle opere d’arte da parte di studiosi quali James Dennistoun
e, in special modo, Giovanni Battista Cavalcaselle,
mettendo in rilievo il ruolo protagonistico assunto anche in questo caso dal
conoscitore italiano nell’individuazione di paternità e nello scrutinio
formale.