Giancarlo Scorza
TRADUZIONI
(15 poeti tra Settecento e Novecento)
a cura di
Katia Migliori e Giuseppe Paioni
Urbino, 2004
pp. 240, tav. 15

Sorretta da una illuminante postfazione di Katia Migliori, la silloge di testi che Giancarlo Scorza aveva tradotto sin dai lontani e fecondi anni Cinquanta, restituisce il dettato di una cultura europea che ha influenzato, e non poco, la nostra età. La scrittura lirica di questo versatile intellettuale pesarese costituisce una sorta di controcanto al registro narrativo di artisti di varia formazione, quali un sommo Goethe, nutrito di uno spirito illuministico che lo aveva condotto ad un dominio assoluto dei mezzi espressivi.
Ma il percorso individuato da Scorza è lastricato di pietre originali quali Hölderlin, Raymond Queneau e Paul Celan, tutti raccolti nel segno di una avventura letteraria che aveva nel 'Caffè' del 'sodale e amico' Giambattista Vicari un collante ideale. E Scorza, prima di misurarsi in prose poetiche allotrie, 'legge', anzi 'rilegge', come chiosa Katia Migliori, la lingua d'origine, con una operazione che è funzione creativa, anzi 'ricreativa'. Il traduttore-lettore non è un destinatario casuale, incapace di reazione, ma si pone come interlocutore ed anche come reinventore del significato del testo. E anzi può anche accadere - Barthes insegna - che il lettore veda più a fondo nel significato del libro, dello stesso autore.
Sta qui, forse, il significato di una proposta (e riproposta) editoriale che si configura non certo come sterile omaggio ad un protagonista della nostra cultura, ma come un mezzo per impossessarsi della Poesia, che rappresenta l'ultimo gradino della lunga scala che porta alla Verità.

 

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